C’era una volta un politico di una piccola cittadina americana che, in tempo di elezioni, mentre prometteva il sole e la luna con un sorriso falso in volto, si avvicinò alla folla di votanti che lo circondava e prese in braccio un bimbo di un anno per farsi fotografare e filmare con lui dai giornalisti. Nel mentre, il bimbetto lo colpì sulla testa col giocattolo che aveva in mano, e gli urlò pure “Butto cattivo!”.
Il politico, che normalmente avrebbe fatto una battuta sagace per ingraziarsi la folla, disse al pargolo, con un sorriso stavolta sincero, che aveva ragione.
Immantinente, davanti a stampa e tv, subito dopo aver restituito il pupo ai genitori, annunciò il suo ritiro dalla corsa elettorale, perché non degno della carica a cui aspirava.
Nel momento in cui cominciò a motivare la cosa, spiegando come avesse gettato fango su avversari politici molto più bravi di lui pur di vincere, il suo staff lo trascinò a forza nel suo villone, dove venne fatto visitare da un dottore; chissà, forse gli mancava qualche vitamina, forse aveva la febbre.
No, stava benissimo. Ed era buonissimo.
Il suo a dir poco strabiliante ritiro dalle elezioni, finì nella sezione notizie divertenti dei siti di informazione di tutto il mondo, che commentarono come l’essere stato colpito col balocco dal bimbo l’avesse rabbonito.
Una battuta banale e scontata che si rivelò, però, incredibilmente vera.
Di lì a poco, infatti, capitarono altri incidenti simili, in varie parti del globo: quando un bimbo colpiva con un giocattolo la testa di un rappresentante del popolo disonesto o pigro, questi diveniva la personificazione della correttezza, e si metteva a lavorare alacremente per il bene comune.
I politici andarono nel panico.
Fare foto coi bimbi, era un rituale ancestrale che li accomunava tutti - già ai tempi degli uomini delle caverne, si facevano ritrarre sulle pareti con loro in braccio - non è che potessero rinunciarvi da un giorno all’altro.
Oltretutto, gli elettori ne avrebbero ricavato una pessima impressione.
Come risolvere la faccenda?
La soluzione era proprio davanti ai loro occhi: i bodyguard!
Ci avrebbero pensato le guardie del corpo a passare loro i pargoletti dalle mani dei genitori, verificando che non avessero giocattoli e, nel caso, sottraendoglieli con discrezione.
La strategia, applicata di comune accordo a livello mondiale, funzionò, e il miracolo non ebbe più modo di accadere.
Sennonché, un giorno, un cattivissimo e arcigno tiranno di un piccolo staterello isolato dal mondo, venne preso a biberonate in testa da un marmocchio di neanche un anno d’età, e cambiò anche lui radicalmente atteggiamento.
Smise infatti di opprimere il popolo e, nel giro di pochi mesi, restituì le tasse pretese ingiustamente, si scusò coi sudditi per averli tiranneggiati e, infine, abdicò; non prima, però, di aver ripristinato libere elezioni.
E così, i cittadini di quello staterello, capirono che il giocattolo non serviva a niente; ai bimbetti bastava avere un oggetto contundente!
In gran segreto, tramite le chat collettive dei genitori, informarono le neomamme e i neopapà di tutto il mondo, che si organizzarono per un blitz pacifico.
L’occasione sarebbe stata l’imminente G20, evento in cui i politici più importanti di tutto il pianeta si sarebbero riuniti per discutere.
Il piano? Un biberon in testa a tutti quanti loro.
Però, fotografie coi bimbi, al G20, di norma non ne facevano mica.
I neogenitori dovettero convenire, a malincuore, che serviva loro un infiltrato che rendesse possibile l’operazione.
Coinvolgere qualcuno vicino a quei politici era però rischiosissimo, perché avrebbe potuto fare la spia.
Alla fine, dopo lunghe tribolazioni, scelsero un PR a cui era nata una figlia da pochi giorni: il capo di Stato
per cui lavorava, aveva un’idea alquanto antiquata e antipatica del ruolo che le femmine dovevano ricoprire nella società, e spingeva il suo Paese sempre più in quella direzione.
Come i genitori dei baby rivoluzionari speravano, l’addetto alle pubbliche relazioni non era entusiasta della cosa, e accettò di aiutarli.
Ma il loro nuovo alleato comprese ben presto che mesi di notti insonni passate fra poppate, pannolini e primi dentini, doveva aver intaccato il loro giudizio; altrimenti, non si spiegava come non avessero potuto realizzare che alla prima biberonata salvifica, i bodyguard avrebbero certamente mangiato la foglia, sottratto ai pargoli i biberon e messo in sicurezza l’area!
Sembrava un problema insolubile, finché, dopo giorni di riflessioni, il PR capì che fare una bella fotona di gruppo avrebbe risolto ogni problema.
Ma questa idea rivoluzionaria (in molti sensi, a onor del vero) rendeva ancora più ardua la prospettiva di convincere gli esponenti delle varie Nazioni a posare con dei mocciosi.
La strategia che infine elaborò per indurli a fare ciò, coinvolse il suo illustre datore di lavoro.
Sapendo infatti quanto quel maramaldo vanesio fosse desideroso di guadagnare lustro agli occhi dei suoi colleghi del G20, buttò lì, come fosse una riflessione casuale, che sarebbe stato assai scaltro da parte loro, per riottenere la fiducia dei cittadini, fare una maxi-fotografia di gruppo con pargoletti di ogni parte del mondo.
Il politico lo fissò, come avrebbe fissato una cacca di cane appena calpestata con le sue costosissime scarpe nuove.
Ma il PR proseguì, con aria sognante, a dipingergli quello che sarebbe potuto essere, a tutti gli effetti, un evento nell’evento: la folla esultante; i bimbi, gli elettori di domani, in braccio alle eminenze mondiali alla guida del pianeta; un istante glorioso, simbolo di speranza, fissato eternamente in una foto che sarebbe entrata di diritto nei libri di Storia!
La sviolinata titillò l’ego del meschino che, come previsto, si rivendette subito l’idea come sua e la propose agli altri membri, che entusiasti la accettarono.
La pubblicizzarono come un’iniziativa propiziatoria di una intesa duratura fra i loro Paesi, ma era chiarissimo che il vero scopo, in realtà, era suggellare agli occhi dell’opinione pubblica la pace tra la classe politica e la classe materna.
Mancavano ancora un po’ di mesi all’evento: giusto il tempo necessario ai genitori per addestrare i pupi.
In vista di quel giorno, infatti, in migliaia di abitazioni sparse per il mondo, ogni dì si replicò lo stesso spettacolino: i padri, vestiti in giacca e cravatta, si facevano passare i figli da uno zio, un cugino o qualunque altro familiare più o meno adulto di nero vestito e con occhiali da sole; poi, una volta allontanatasi la finta guardia del corpo i figlioletti, esortati dalle mamme, schiantavano il biberon sulla calotta cranica dei padri con gioia invereconda.
Alle madri dispiaceva tanto, avrebbero voluto sacrificarsi anche loro ma, oh, che ci potevano fare se al G20, quell’anno, fra capi di Stato e di governo, c’eran solo uomini?
Certo, sarebbero state più convincenti, se non avessero riso sotto i baffi…
Finché arrivò, finalmente, il giorno tanto agognato: centinaia di pargoli, da ogni parte del globo, tutti sotto l’anno d’età, erano in braccio alle loro mamme, vicino alle transenne che li separavano dai politici.
I papà restavano a debita distanza da loro, per evitare biberonate rivelatorie sulle loro zucche, su cui indossavano un cappello di lana in cui avevano sprofondato la testa fino alla fronte per nascondere i lividi.
I bodyguard, come previsto, verificato che i bimbi non avessero giocattoli da sbattere sulla capa dei capi, non avendo istruzioni sui biberon, glieli lasciarono.
Mentre le guardie del corpo mettevano i pupi in braccio ai politici, per poi leste allontanarsi di nuovo a difesa delle transenne, i genitori dei marmocchi rivoluzionari si guardarono fra di loro, sorridendo soddisfatti; ancora pochi istanti, e il mondo sarebbe cambiato in meglio!
Ma la loro prole, però, distratta e intimorita da tutto quel vociare e da tutte quelle persone sconosciute, nonostante l’ultimo palestrato in occhiali da sole si fosse allontanato, non si decideva ad agire.
E la foto stava per essere scattata!
Poi, ciao, tutti a casa!
Sembrava tutto fosse finito, ma per fortuna Giacomino, tanto paffuto, tanto carino, lanciò un grido di guerra e STOC!, assestò sul capocchione del capo di governo che lo teneva in braccio, una sonora biberonata, facendo così partire il blitz, anzi, il “bibeblitz”. Gli altri marmocchi, infatti, seguendo il suo esempio, agitarono e contusero il biberon contro le teste dei leader mondiali con tale forza, che il latte quasi diventò panna montata.
I bodyguard corsero verso i politici nel tentativo di salvarne almeno uno dalla furia bambinesca, ma si fermarono spaventati quando sentirono i bimbi, all’unisono, ululare un gutturale Aguguguggu di trionfo.
E per un po’, nel mondo, andò tutto a meraviglia: furono tassati i ricchi e aiutati i poveri, si fecero iniziative per integrare gli immigrati e si promossero la cultura e la ricerca scientifica; per non parlare poi di come il rinnovato dialogo tra le Nazioni, come un portentoso antirughe, stava appianando i loro conflitti.
Dopodiché, arrivarono le elezioni.
E le madri e i padri del “blitz dei biberon”, non ti andarono quasi tutti a votare nuovi politici, identici a come erano i vecchi prima che si rabbonissero?
E così finì la storia del mondo salvato dai bambini; perché puoi anche far miracoli, ma gli adulti son cretini.
Fiaba scritta alcuni anni fa per partecipare al concorso "Il Racconto nel Cassetto".
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