“La stirpe di Caino”. Così un predicatore televisivo aveva apostrofato “i nostri fratelli artificiali”, come li definiva nel suo comunicato stampa la Parker-Kobayashi Enterprises. Umanoidi, studiati per fare lavori di fatica, aiutare i portatori di handicap, fare da babysitter alla nostra prole, fare compagnia agli anziani. L’aspetto esteriore dei “robot”, nonostante fossero già disponibili polimeri sintetici capaci di replicare l’aspetto e la “consistenza” di una persona, era “plasticoso” e traslucido, sicuramente per evitare paranoie, già fin troppo alimentate dai vari film con automi che si ribellano all’uomo.
Inizialmente uno status symbol per gente abbiente, divenne in pochi anni diffusissimo, alla portata anche delle persone nelle condizioni più umili. Virtualmente indistruttibili, fecero per noi i lavori più duri e pericolosi, dal lavorare con materiali tossici e liquami assortiti al lavorare in acciaieria, fino addirittura a sostituire buona parte dei vigili del fuoco, ottenendo risultati in termini di vite umane salvate che dovettero far ricredere anche i più reazionari in materia di intelligenza artificiale. Erano intelligenti, autoconsapevoli, ma non soffrivano per la loro condizione perché, asserivano i loro creatori, il loro unico scopo era il benessere dell’umanità, e ricavavano una gioia indescrivibile nell’aiutarci a vivere meglio.
Tutti si guardavano bene dal definirli vivi, quindi figurarsi se qualcuno abbia mai pensato di riconoscergli dei diritti. E d’altronde, a che pro? Non si poteva far loro del male e ricavavano gioia dal servirci, il fatto che molti intavolassero con loro discussioni da cui traspariva una genuinità e una bontà d’animo raramente riscontrabile in una persona, era assolutamente marginale.
Poi i “fenomeni del web” iniziarono a mostrare video in cui ragazzotti con troppo tempo libero sputavano addosso ai “robot”, arrivando anche a tirare sassi e uova marce, costringendo alcuni portatori di handicap a liberarsene, per smettere di essere “danni collaterali” della loro stupida goliardia. Un anziano, un ex ingegnere civile, postò un video toccante dove esprimeva il suo disgusto per questo trattamento osceno riservato alle intelligenze artificiali. Il messaggio sembrò in un primo momento attecchire, ma si rivelò essere la solita solidarietà usa e getta della rete.
Quando in un patetico reality fu mostrata la distruzione di uno di loro in diretta tv (con enorme dispendio di soldi, “virtualmente indistruttibili”, ricordate?) però, la misura fu colma.
A questo punto ci si sarebbe aspettata la tanto paventata “ribellione delle macchine”, ma non andò così, come ben sapete.
Ci osservavano. Non facevano altro.
Vagavano per le città senza fare male a nessuno e senza dire nulla, addirittura a volte entrando nelle abitazioni lasciate incautamente aperte, e ci osservavano.
Ci osservavano mentre ci degradavamo.
Ci osservavano mentre dicevamo di essere brave persone.
Ci osservavano mentre facevamo i bulli a scuola.
Ci osservavano mentre rubavamo, inquinavamo l’aria, facevamo del male al nostro prossimo.
Ci osservavano mandare in guerra i nostri figli.
Ci osservavano mentre ci facevamo esplodere per la nostra fede.
Ci osservavano odiarci fra di noi per motivi superficiali.
Ci osservavano. E ci biasimavano.
Ad un certo punto non faceva neanche più notizia, quando uno di loro era sulla scena di un crimine.
Sapevamo che non aveva fatto nulla, assolutamente nulla.
I giornalisti quando arrivavano sul luogo di un crimine e trovavano uno di loro scherzavano dicendo “la telecamera è arrivata prima di noi”.
Completamente autosufficienti, nessuno poteva fermarli, quindi nessuno ci provava.
Stranamente non li si è mai visti aggregarsi in comunità in quegli anni, probabilmente consapevoli che sarebbero diventati un facile bersaglio. Era rarissimo anche vederne due assieme. La loro diaspora continuò per anni, nell’indifferenza generale.
Ricordo come mia nonna quand’ero bambina mi parlasse con gli occhi lucidi di un suo carissimo amico d’infanzia; solo anni dopo la sua morte scoprii che si riferiva a un’intelligenza artificiale. I più cinici di voi penseranno all’alzheimer, ma la verità è che quando William (così lo chiamavano in famiglia) uscì di casa per non tornare mai più, causò un dolore profondissimo, e non solo in mia nonna, ma anche nei suoi genitori. Era uno di famiglia.
Quando scoprii tutto questo, divenni ossessionata dallo scoprire il più possibile sulla genesi degli automi e su quello che aveva portato al loro spettrale vagabondaggio, che mi inquietava non poco quando ero bambina.
Studiavo giornalismo quando, un giorno, nel college di figli di papà che frequentavo, apparve uno di loro. All’epoca, li si chiamava col termine dispregiativo di “manichini”, e fu quello a dare l’idea ai miei compagni. Cominciarono a vestirlo come uno straccione e a ridere di lui, mentre lui se ne stava lì impassibile. Pensai di non aver visto mai tanta dignità in vita mia, ma mi rendo conto solo ora che la sua era compassione. Quando cercarono di mettergli delle mutande in testa, diedi di matto e mangiai la faccia a tutti, divenendo “quella strana che difende i robot”
Da allora sono passati anni, ed è successo quel che è successo.
La Guerra Mondiale.
La Guerra Batteriologica Mondiale.
Ci siamo sterminati da soli, che è poi quello che i “robot” hanno educatamente aspettato per anni.
Come sapete, si sono organizzati e stanno sistemando le varie infrastrutture sparse per il mondo.
Per questo potete leggere il mio sito web.
Per questo avete di nuovo acqua corrente e telefonini funzionanti.
Per questo, se lo vorrete, potrete farvi curare da loro nei vari centri ospedalieri che stanno riattivando.
Per questo, se lo vorrete, potrete avere cibo, acqua potabile e vestiti puliti nei centri di accoglienza che stanno approntando proprio nel momento in cui scrivo.
Non è questo il momento della paranoia e dell’intolleranza.
Siamo pochi centinaia di individui sparsi per il pianeta, con la dubbia fortuna di essere immuni a quello che ha ucciso i nostri cari.
Non sono loro i nemici.
Non sono loro “la stirpe di Caino”.
Siamo noi.